Teatro d’arte per tutti | 71 anni dall’inaugurazione del Piccolo di Milano
“L’ente si propone, nel ‘Piccolo Teatro della Città di Milano’ di allestire, con carattere stabile e continuativo, spettacoli di prosa di alto livello artistico che adempiano ad una funzione culturale, educativa ed anche di svago, in vista di una sempre più vasta diffusione dello spettacolo di prosa.”
Il 14 maggio 1947 – esattamente 71 anni fa – aprivano per la rima volta le porte del Piccolo Teatro della città di Milano con lo spettacolo “L’albergo dei poveri” di Maksim Gor’kij, per la regia di Giorgio Strehler.
L’obiettivo del Piccolo, fondato da Giorgio Strehler e Paolo Grassi, è da subito quello di produrre un’innovazione in campo teatrale che sia organizzativa ma soprattutto politica: il nuovo modello stabile infatti non nasce fine a sé stesso, ma con un obiettivo che muove in direzione di una forte democratizzazione del medium teatrale.
Il pubblico di riferimento del Piccolo non sono più i borghesi a cui aveva sempre guardato il teatro “ufficiale” o il ristretto gruppo di intellettuali cui guardava l’avanguardia, ma sono gli operai, gli studenti, le “persone comuni”. Un pubblico di persone magari disabituate al teatro, che lo frequentano poco o non lo frequentano affatto, ma che rappresentano un terreno per poter costruire qualcosa di nuovo, una sorta di “pubblico di domani”. (Mimma Gallina, Ri-Organizzare teatro)
Allo stesso modo, gli spettacoli che il Piccolo vuole proporre non sono gli ultimi ritrovati delle neoavanguardie, ma spettacoli più tradizionali, sebbene di alta qualità. Gli spettacoli proposti al Piccolo sono di preferenza allestimenti nuovi e attualizzati dei pilastri della letteratura teatrale europea: da Shakespeare a Brecht, da Cechov a Goldoni.
La somma di questi due fattori porta quindi al “teatro d’arte per tutti”, un teatro artistico, in cui l’elemento di rilevanza culturale è fondamentale ma che allo stesso tempo si propone di essere accessibile alla più larga fascia possibile di pubblico. Obiettivo che riesce a raggiungere grazie a un sistema di abbonamenti e grazie ad un costo mai troppo elevato dei biglietti.
Un’altra caratteristica che contraddistingue il Piccolo è il rapporto con il territorio: fin dalla fondazione, infatti, Strehler e Grassi si rendono conto dell’importanza di instaurare un rapporto di prossimità con la città, sia per creare un rapporto più stretto con i cittadini ma anche per poter accedere alla cittadinanza, per poter reclutare quei cittadini che potenzialmente diventeranno i nuovi spettatori – o abbonati – del Piccolo. (Mimma Gallina, Ri-Organizzare teatro)
Quella portata avanti dal Piccolo è una visione del teatro come servizio offerto alla cittadinanza, che quindi deve impegnarsi a non creare barriere, ma anzi deve essere aperto potenzialmente a tutti.
Gli spettacoli del Piccolo: alcuni esempi
Come già detto, insieme al progetto di democratizzazione il Piccolo porta vanti anche un progetto artistico-culturale di prim’ordine, e questo grazie anche alle regie prima di Strehler, poi di Ronconi.
Il primo spettacolo messo in scena al Piccolo è stato “L’albergo dei poveri” dell’artista russo Gor’kij. La regia dello spettacolo fu firmata da Strehler.
Tuttavia, il testo messo in scena da Strehler, e che a tutt’oggi ha avuto il miglior riscontro di pubblico, è senza dubbio l’adattamento della commedia di Carlo Goldoni “Il servitore di due padroni”.
Messo in scena per la prima volta in chiusura della stagione 1947, lo spettacolo è presto diventato la punta di diamante della produzione del Piccolo, ed è stato spesso rappresentato anche all’estero. Il titolo, nella commedia di Strehler, diviene “Arlecchino servitore di due padroni”, così da richiamare più da vicino una delle maschere più famose della Commedia dell’Arte. La commedia, in puro stile Commedia dell’Arte, racconta le divertenti e intricate vicende del servo Arlecchino (Truffaldino nella versione goldoniana) e di una rosa di personaggi, ognuno col suo scopo – più o meno nascosto – da perseguire. Lo spettacolo non ha mai veramente abbandonato le scene del Piccolo: è stato infatti ripreso più volte nel corso delle diverse stagioni, fino ad arrivare a quella attuale: le repliche si sono infatti concluse da pochi giorni.
Un altro spettacolo che – anche grazie a numerose riprese e riadattamenti – ha avuto un ruolo importante nella carriera di Strehler è “I giganti della montagna”, opera incompiuta di Luigi Pirandello. La prima versione di questo spettacolo vede la luce sempre nel 1947, primo anno del Piccolo. Questa prima versione risulta – fra tutte – quella più aderente al testo e alle didascalie pirandelliani. Anche la soluzione trovata per la mancanza di un finale è estremamente semplice.
Diversa appare invece la versione allestita dallo stesso Strehler nel 1966. Le differenze maggiori si possono vedere nella soluzione adottata per la scena finale, quella assente nel testo pirandelliano. Anche la scenografia viene modificata: in questa versione consta di un lenzuolo-sipario posizionato al centro del palco e di un reale sipario di ferro.
Strehler poi mette in scena una terza volta I giganti nel 1994. Questa volta, tuttavia, si limita a riproporre l’allestimento – ormai diventato scuola – del 1966. (Roberto Alonge, Giorgio Strehler, “I giganti della montagna” di Pirandello)
Penso si possa affermare che il Piccolo sia stato – sia dal punto organizzativo sia culturale – una punta di diamante del teatro italiano del dopoguerra. Nonostante un successivo rivolgimento in senso negativo del modello promosso dal Piccolo, l’importanza culturale non è mai venuta meno.
Ancora oggi, sia su suolo nazionale che come Teatro d’Europa, il Piccolo riesce a valorizzare la cultura teatrale con allestimenti senza dubbio degni della migliore tradizione.