Chiunque abbia una storia da raccontare – Il Fringe di Edimburgo
“Defying the norm since 1947” (Slogan EdFringe)
Dal 3 al 27 agosto si svolgerà quello che è forse il più grande festival teatrale al mondo. Nato nel 1947 per rispondere all’esigenza di rinnovamento in ambito culturale all’indomani della Seconda guerra mondiale, il fringe di Edimburgo dimostra fin da subito il suo potenziale, diventando in poco tempo il principale portavoce di quel cambiamento che aveva portato alla sua nascita.
Tutto è cominciato con 8 compagnie che – spontaneamente e senza nessun tipo di accordo – si sono incontrate a Edimburgo per fare arte. Il fringe è poi cresciuto tanto da diventare la più grande piattaforma di scambio artistico attualmente esistente. Il festival continua a essere organizzato ogni anno durante il mese di agosto. Tre settimane durante le quali ogni angolo della città diventa un possibile palcoscenico “per chiunque abbia qualcosa da dire”. Artisti provenienti da tutto il mondo si trovano nella città scozzese per dare vita a uno dei più grandiosi eventi a cielo aperto delle estati europee.
Spettacoli di strada, musica, giocoleria, performance e teatro (al chiuso) si incontrano e imparano a conoscersi sotto gli occhi del pubblico internazionale del festival.
Ma quello di Edimburgo non è un festival come gli altri. La denominazione fringe porta con sé un significato molto importante: una particolare categoria di festival teatrale che, come gli altri, non contempla solo spettacoli, ma teatro di strada, giocoleria, musica, tutto in un regime di libertà assoluta che crea un’atmosfera di inclusione a tutto tondo.
La differenza – che è anche la caratteristica più importante dei fringe – è quella di dare visibilità a chiunque: non ci sono barriere, gli artisti accolti possono essere professionisti affermati così come giovani alle prime armi. L’obiettivo di questo tipo di festival metropolitano è di permettere a chiunque voglia fare uno spettacolo di poterlo fare in un regime pienamente democratico. Durante un fringe non esistono diversi livelli di importanza: tutti gli artisti sono considerati uguali, e a tutti vengono date le stesse opportunità, a livello di spazi e di pubblico.
Il titolo dell’edizione di quest’anno, “Into the unknown”, lascia già intuire quale sarà lo stile di questo fringe. L’edizione 2018 del festival si presenta come un viaggio verso ciò che non conosciamo. Grazie a migliaia di spettacoli di ogni tipo, dal teatro parlato al musical, dalle performance di strada alla commedia, il fringe accompagnerà i suoi spettatori in un viaggio verso e attraverso lo sconosciuto, verso tutto ciò che non ci si aspetta. Gli organizzatori del festival ci invitano a “fare un salto nello sconosciuto”, a farci avvolgere da questa atmosfera di suspense e meraviglia.
Il salto “into the unknown” che promuove il festival non è solo a livello personale, ma anche a livello artistico: l’immensa varietà di spettacoli proposta dal festival e le politiche di accesso che danno la possibilità a tutti di fruire gli spettacoli in cartellone permettono agli spettatori di vedere spettacoli che forse non appartengono al loro orizzonte culturale. Magari si troveranno a contatto con forme artistiche che non avevano mai nemmeno immaginato, ma che qui potranno vedere semplicemente passeggiando lungo il Royal Mile.
Penso che questo aspetto sia uno dei più importanti del fringe di Edimburgo: mettere l’arte a portata di tutti è un’operazione importante, e purtroppo non scontata. In un momento in cui l’arte sta soffrendo per carenza di fondi e di pubblico, dare la possibilità a un pubblico incredibilmente ampio di partecipare a spettacoli così diversi è quasi un atto rivoluzionario.
La libertà del fringe, inoltre, è totale anche per gli artisti: non esiste nessun comitato che decide chi può e chi non può partecipare. Tutti coloro che hanno un progetto e un luogo disposto ad ospitarli, hanno anche la possibilità di mettersi in scena, siano essi professionisti affermati o giovani che stanno cercando la loro strada.
Il salto che gli organizzatori del festival ci chiedono di fare è forse quello che tutti noi dovremmo fare nella quotidianità: un salto che forse porta a situazioni che non conosciamo e che non ci appartengono, ma dalle quali è sempre possibile imparare qualcosa. Fare questo salto significa – da un punto di vista artistico e non – aprire la propria mente a tutto quello che ci sta intorno, che sia vecchio o nuovo, di nostro gusto o no, conosciuto o sconosciuto. E promuovere questa apertura mentale attraverso l’arte, in particolare il teatro è ancora più importante: in questo modo si può dimostrare che attraverso l’arte si può arrivare da qualche parte, si può ancora costruire qualcosa. Far riemergere il lato più democratico dell’arte, quello che mette tutti gli artisti sullo stesso piano – il piano di chi vuole esprimere sé stesso in qualsiasi forma immaginabile – è un modo per affermare in linea più generale l’importanza dell’arte, uno dei pochi mezzi ormai in grado di creare un’unione fra i gruppi più diversi.
“We believe that everyone, irrespective of their background, should have the opportunity to experience and express themselves through creativity” (Dal programma 2018 del Fringe)
[“Crediamo che chiunque, a prescindere dal suo background, dovrebbe avere l’opportunità di mettersi alla prova ed esprimere sé stesso attraverso la creatività”]