Fare teatro non ha mai significato solo recitare su di un palco.
Fare teatro è molto di più. Vuol dire conoscere, studiare, vivere il teatro come ambiente e come idea, sentirsi parte di uno dei più longevi e importanti mezzi di diffusione culturale mai esistiti.
Significa anche conoscere le radici di ciò che si sta facendo, conoscerne il presente per capire quale sarà il suo futuro. O quanto meno provarci.
Fin dai suoi esordi, il teatro ha occupato un posto di rilievo nella vita dei singoli uomini e delle comunità umane: dalla polis ateniese ai Misteri medievali, da Shakespeare al Living Theatre tutte le società si sono affidate al teatro per cercare, o creare, un fondamento comune, un collante, qualcosa che facesse sentire gli uomini e le donne come parte della stessa storia.
Il teatro è portatore di un messaggio non solo sociale, ma anche politico, ideologico e comportamentale e il suo utilizzo come mezzo di diffusione delle idee si ritrova in tutti i grandi eventi storici dall’epoca di Pericle in poi.
Ciò resta vero anche nell’epoca del Web 2.0, sebbene ormai di teatro si parli fin troppo poco, e sebbene la diseducazione teatrale di nuove e vecchie generazioni sia ora un dato certo: nonostante questo e nonostante i numeri della partecipazione ad eventi di natura teatrale siano diminuiti non di poco il teatro continua ad essere sentito come parte importante del vivere civile e continua ad essere amato dal pubblico.
Ciò che non cambia è l’impatto, quasi sempre inconsapevole, che il teatro ha sulla vita quotidiana di tutti noi.
Due grandi pensatori del Novecento del calibro di Erving Goffman e Jean Duvignaud hanno basato le loro teorie sulla considerazione che la forma teatrale teorizzata nel V secolo a.C. sia la base su cui noi tutti costruiamo le interazioni sociali del nostro quotidiano.
E questo è solo un esempio.
In una recente intervista a La Stampa Gabriele Lavia, alla domanda sul perché le persone continuino ad amare il teatro, risponde:
“La gente lo ama perché è la più antica e perfetta rappresentazione dell’uomo di fronte ad altri uomini, è lo specchio di chi guarda il mito di Dioniso che non si riconosce per quello che è. Il teatro sopporta bizzarrie, tentativi di inutili modernizzazioni perché l’essenza non cambia mai”.