La prossima rivoluzione dovrà necessariamente mettere fine al nostro intero business teatrale, è inevitabile […]” (R.W.)

Bayreuth è una cittadina di circa 67 km2 dell’Alta Franconia, in Baviera. Questa piccola città è sede di uno dei più antichi e importanti festival europei: il Festival Wagneriano.

Organizzato dallo stesso Wagner per la prima volta nel 1876, il festival continua ancora oggi a mettere in scena ogni estate il repertorio del famoso compositore. Wagner inizia a pensare alla realizzazione di questo festival già a partire dal 1850. Inizialmente concentrato su città più conosciute, alla stregua di Weimar o Monaco di Baviera, è solo nel 1871 che, per un caso quasi fortuito, il compositore scopre la cittadina di Bayreuth.

Ma la nascita di quello che oggi è considerato un festival di importanza sovranazionale non è stata semplice come potremmo immaginare. Nonostante Wagner avesse iniziato a pensare a un’idea di festival già nel 1850, è solo a partire dagli anni ’70 dell’Ottocento che questa idea inizia a prendere piede. Rientrato dall’esilio, il re Ludwig II commissiona a Wagner un festival da tenersi nella città di Monaco. L’architetto designato è Semper.

Wagner tuttavia cerca di mantenere un controllo capillare su tutti gli aspetti della progettazione. È su consiglio di Hans Richter che nel 1871 il compositore visita per la prima volta la città di Bayreuth, dove si trova un antico teatro, il Teatro dell’opera dei Margravi.

Ed è proprio in questa cittadina che, insieme all’architetto Otto Brückwald, Wagner inizia a costruire il suo teatro nel 1872. La costruzione, tuttavia, non procede liscia come Wagner avrebbe voluto: continui problemi finanziari sorgono a rallentare e minacciare la buona riuscita dell’impresa. Sono solo i prestiti ricevuti da personalità di spicco (poi saldati dalla famiglia Wagner) che permettono la buona riuscita del progetto.

Nel 1876 il teatro è finalmente pronto, e il 13 agosto di quello stesso anno prende il via la prima edizione del Festival. Contro ogni aspettativa, questa prima edizione si rivela un disastro, e il Festival chiude con i conti in rosso. Per 6 anni il Festival rimane vuoto, ma Wagner non si arrende: grazie all’appoggio della città di Monaco riesce a ripartire, e, nonostante l’inizio poco promettente diventa il Festival che conosciamo oggi.

La principale novità introdotta da questo festival è proprio la struttura del teatro all’interno del quale vengono rappresentate le opere. Il teatro infatti è estremamente diverso da quelli costruiti fino a quel momento. Fedele al suo progetto di realizzare la Gesamtkunstwerk – l’“opera d’arte totale” – Wagner progetta una sala che guarda all’origine del teatro, agli antichi anfiteatri classici.

L’obiettivo primario di Wagner era quello di far sì che l’attenzione del pubblico si concentrasse non tanto sull’orchestra e sulla musica, ma che il fulcro dell’attenzione diventasse il palcoscenico, l’azione rappresentata. L’orchestra viene quindi spostata in una “buca” e resa completamente invisibile agli occhi degli spettatori. Anche la sistemazione del pubblico subisce non poche modifiche: la struttura ad anfiteatro comporta una sistemazione ascendente dei posti. Vengono inoltre eliminati i palchetti. Non viene quindi più rispettata la convenzione della divisione sociale degli spettatori: nel nuovo teatro wagneriano tutti gli spettatori sono posti sullo stesso livello, senza distinzioni economiche o sociali.

La grande novità introdotta da Wagner fu l’oscuramento della sala. In questo modo il teatro perdeva la sua funzione prettamente sociale, e sottolinea invece l’importanza della rappresentazione.

La conduzione del Festival di Bayreuth è ancora oggi gestita dai membri della famiglia Wagner. Per quanto riguarda l’edizione del 2018 – che si svolgerà nel periodo compreso tra il 25 luglio e il 29 agosto – la programmazione prevede la messa in scena di alcune fra le più famose opere del compositore tedesco, come Lohengrin, Parsifal, Tristano e Isotta, I maestri cantori di Norimberga, L’Olandese volante, La Valchiria.

[…] Poi costruirò un teatro, e inviterò le persone a un grandioso festival drammatico: dopo un anno di preparazione dovrò, nel corso di quattro giorni, esibire il mio intero lavoro, con il quale permetterò alla gente della rivoluzione di riconoscere l’importanza di questa rivoluzione […]” (R.W.)

 

[Per la storia del Festival di Bayreuth: https://www.bayreuther-festspiele.de/
Per le informazioni sulla struttura del teatro: Alonge, Perrelli, “Storia del teatro e dello spettacolo”]

Il primo festival di cui parlerò è un’esperienza autoctona, che già da alcuni anni nel corso del mese di maggio ravviva le strade e le piazze della città. Mi riferisco al Festival Trasparenze, organizzato dal Teatro dei Venti. Sebbene si sia già concluso da un po’ di tempo – quest’anno il festival ha infatti avuto luogo tra il 10 e il 13 maggio – ho voluto parlarne in quanto ritengo che sia una realtà salda e importante per la città.

Nato nel 2012 e giunto alla sua sesta edizione, il Festival Trasparenze è ormai considerato una delle punte di diamante del teatro modenese. La cifra stilistica di questo festival è il teatro di strada. O, più in generale, il teatro sociale fatto in strada. Molti dei luoghi deputati agli spettacoli sono infatti all’aperto: varie piazze del centro cittadino così come luoghi più vicini alla sede del Teatro dei Venti, o strade della città sono i luoghi principali del Trasparenze.

Oltre a questi, tuttavia, vengono sfruttati dagli organizzatori anche spazi chiusi, alcuni deputati alla pratica teatrale, altri invece di diversa natura, utili ai fini del festival.

Il repertorio di spettacoli che interessa il festival è principalmente riconducibile al teatro di strada: ci si trova quindi a guardare spettacoli dinamici, che in ogni caso non soffrono di quelle limitazioni di spazio e potenzialità con cui alle volte devono fare i conti gli spettacoli organizzati al chiuso di un teatro. Spettacoli itineranti per le vie del centro e della periferia, rappresentazioni di danza, concerti e intervalli musicali, teatri itineranti sono solo alcuni esempi di ciò che si può vedere nella programmazione del Trasparenze. Ovviamente, gli spettacoli messi in scena sono stilisticamente molto diversi da quelli che potrebbero essere rappresentati all’interno di una sala teatrale.

Gli spettacoli in programmazione, inoltre, hanno la caratteristica comune di avere una durata inferiore rispetto a quella di uno spettacolo “classico”: spettacoli della durata massima di 60 minuti – ma per la maggior parte lunghi appena 30 – si alternano in rapida successione in modo da mantenere il carattere estremamente dinamico del festival.

Ma il festival Trasparenze è anche teatro sociale.
Parte della programmazione del festival 2018 verteva infatti intorno a spettacoli che vedevano come protagonisti i detenuti delle carceri di Modena e Castelfranco.

In occasione dell’edizione 2018 gli spettacoli realizzati insieme ai detenuti sono stati “Il palazzo incantato”, a cura del Teatro dell’Argine e con i detenuti del carcere di Castelfranco, “Requiem for Pinocchio”, a cura de LeVieDelFool e con i detenuti del carcere di Modena e “Esercizi per voce e violoncello sulla Divina Commedia di Dante”, a cura di Chiara Guidi e con i detenuti di Modena.

Inoltre, durante il festival è stato messo in scena lo spettacolo “Ubu Re”, realizzato dal Teatro dei Venti con la partecipazione di detenuti delle due carceri.

Il carcere, tuttavia, non è il solo aspetto “sociale” del Trasparenze. In questa edizione il festival ha ospitato anche un laboratorio, tenuto dal Teatro delle Ariette, presso la Casa Protetta di San Giovanni Bosco. Il risultato di questo laboratorio, “PASTÊLA! La memoria del cibo”, è stato rappresentato durante il festival.

Anche “BLINK” è andato in scena nelle giornate del festival. Questo – a cura della compagnia STALKer_Daniele Albanese – è l’esito di un laboratorio realizzato coinvolgendo il Gruppo l’Albatro, composto da cittadini utenti della Salute Mentale.

Il Festival Trasparenze è ormai da anni una presenza stabile a Modena. Una presenza capace non solo di mostrare esempi di teatro di strada, ma capace di agire sulla cittadinanza attraverso laboratori che coinvolgono varie stratificazioni di popolazione che difficilmente hanno accesso all’arte, sia come fruitori che come protagonisti.

Dopo aver parlato in generale della storia, della provenienza e degli obiettivi dei festival teatrali penso sia utile andare un po’ più nello specifico e vedere quanti – e quali – modelli di festival teatrale vengono organizzati. Questi modelli sono attualmente usati nell’organizzazione dei festival europei, e non solo. Quello che cambia sono sì i contenuti, ma anche i modi e i tempi di svolgimento.
Al fine di avere un quadro più ampio della situazione illustrerò di seguito queste varie tipologie. In particolare, citerò le tipologie di cui fanno parte i festival di cui mi occuperò nel corso dei prossimi mesi.

Il primo esempio è quello delle rassegne tematiche.

Queste sono legate strettamente a un ambito o a un singolo autore. Questi festival si distinguono sia dalle “normali” stagioni teatrali sia dalle altre modalità di festival: le rassegne tematiche infatti si sviluppano lungo un arco temporale abbastanza lungo e sono strettamente legate al luogo dove vengono organizzate. In Italia l’esempio più conosciuto è l’INDA di Siracusa.

A livello europeo l’esempio più conosciuto è il Festival wagneriano di Bayreuth – di cui ci occuperemo.

La particolarità di questi festival, inoltre, è quella di avere la funzione di valorizzare il luogo – spesso già conosciuto o comunque di rilevanza culturale – in cui hanno luogo.

L’INDA (Istituto Nazionale Dramma Antico) si svolge infatti al teatro greco di Siracusa, mentre il Festival di Bayreuth ha luogo nel teatro costruito da Wagner, primo esempio di teatro pienamente moderno.

Un secondo esempio è rappresentato dai cosiddetti festival intensivi, che a differenza dei primi hanno uno svolgimento più ridotto nel tempo, vedono la convivenza di più generi che spesso interagiscono e si mescolano tra loro, spesso vedono la presenza – sul luogo e nei tempi del festival – di iniziative culturali che esulano dal campo prettamente teatrale. Anche questi festival, tuttavia, vengono organizzati con un progetto culturale di fondo. La finalità di questi festival è quella di “creare un’atmosfera” (M. Gallina, Ri-Organizzare teatro) e facilitare il dialogo tra gruppi teatrali che praticano diversi generi e discipline. La parola chiave di questi festival è multidisciplinarità, e solitamente la programmazione prevede più spettacoli al giorno organizzati in spazi diversi della città.

Festival di questo tipo sono il Festival di Santarcangelo e il Festival di Spoleto.

Una terza tipologia sono i festival metropolitani.
Questi si sviluppano nelle grandi capitali europee a partire dagli anni ’80 e hanno la fondamentale funzione di far convergere gruppi teatrali da quasi ogni parte del mondo e promuovere il dialogo e lo scambio fra questi. Di questi festival fa parte anche una componente più “accademica”, che prevede convegni, incontri e momenti di scambio organizzati.
Un esempio di festival metropolitano in Italia è il Romaeuropa, programmato di solito durante il mese di settembre.

L’ultimo esempio che citerò è quello del Fringe.
Questo festival è quasi sempre strettamente legato a una particolare città. La programmazione prevede la compresenza di spettacoli fra i più disparati e solitamente vede convivere teatro di strada e spettacoli più “classici”. Il fringe per eccellenza è sicuramente quello che ha luogo a Edimburgo, programmato ogni anno ad agosto. In questa occasione tutta la città, le sue attività e in generale la sua via viene influenzata dalla presenza del festival, degli artisti e del pubblico proveniente da ogni parte d’Europa e non solo.

Durante l’estate presenterò una sorta di “rassegna” di festival teatrali che si svolgono su suolo nazionale ed europeo. In particolare, i festival di cui scriverò sono, in ordine sparso, il Festival Trasparenze di Modena, il Fringe di Edimburgo, il già citato Festival wagneriano di Bayreuth, il Festival di Spoleto, l’INDA, il Festival d’Avignon, il Festival di Santarcangelo, il VIE Festival di Modena, il Romaeuropa Festival, e qualche altro ancora.
Vari e diversificati tipi di festival permettono di creare una programmazione che vada incontro a ogni tipo di pubblico, sempre mantenendo quell’autenticità tipica del teatro, e in particolare dei festival.

Credo che festival di teatro, oltre a spettacoli e convivenza, voglia dire anche tradizione: organizzare un festival teatrale significa tornare alle origini, a quando il teatro era il mezzo privilegiato di comunicazione sociale, di incontro e di scambio in seno alla comunità. Una tradizione che ha la possibilità – anche se solo per un breve periodo – di farci tornare indietro nel tempo, di farci rivivere momenti ormai perduti in cui una città e una comunità intere vivevano circondate da spettacoli, esibizioni e arte.

 

 

[Nota: per le informazioni relative alle tipologie di festival: M. Gallina, Ri-Organizzare teatro]

Quando si parla di festival, la prima cosa che viene alla mente sono i grandi festival di cinema e di musica. Ma esistono festival anche a teatro. Forse, in certi casi, meno conosciuti, ma altrettanto importanti.

Probabilmente abbiamo tutti sentito parlare o conosciuto direttamente il Festival d’Avignone, il Fringe di Edimburgo o il più vicino Festival di Santarcangelo. Oltre a questi, tuttavia, esistono una miriade di festival teatrali che ravvivano le estati e gli autunni in Italia ed Europa.

Per questo motivo nei seguenti mesi presenterò questi vari festival, i più famosi e i meno conosciuti, alcuni terminati, altri in corso o quelli non ancora iniziati, per cercare di dare una panoramica il più possibile completa di questo fenomeno, a mio parere molto importante e da valorizzare.

Ma per prima cosa penso sia importante capire da dove nasce questa tradizione, che a prima impressione può sembrare recente, ma che in realtà non lo è per nulla.

Si può affermare che la forma del festival si origina con il teatro stesso. (M. Gallina, Ri-Organizzare Teatro) A ben pensarci, infatti, sia nella Grecia Antica, dove il teatro era “affare di Stato”, sia a Roma, dove nascono le prime grandi feste pubbliche, il teatro era organizzato come una sorta di festival primordiale, che si sviluppava su più giornate, su più luoghi specifici, che vedeva la partecipazione di tutta la popolazione e che prevedeva la vittoria di uno – o più – dei partecipanti.

La tradizione poi continua nel Medioevo, quando le uniche rappresentazioni teatrali permesse erano i Misteri religiosi, che si svolgevano sul sagrato delle chiese, nei periodi di festa. Anche in questo caso, sebbene le storie messe in scena fossero limitate a brani tratti dalle Sacre Scritture, alcune caratteristiche della forma del festival sopravvivono: i Misteri – soprattutto i più importanti – erano rappresentazioni che si sviluppavano su varie piazze della città e vedevano la partecipazione più o meno diretta dei cittadini.

La tradizione si perpetua e arriva fino all’epoca barocca, sebbene con caratteristiche nettamente diverse rispetto al periodo precedente.

Ma se vogliamo trovare un parente più prossimo degli attuali festival teatrali dobbiamo spostarci fino al 1872, anno in cui Wagner dà vita al primo Festival nella città di Bayreuth, nel sud della Germania. Il modello di Bayreuth è valido ancora oggi: l’intento di Wagner era quello di creare un legame “totale” col pubblico, un rapporto che non dipendesse dalle regole del mercato teatrale o dalle stagioni delle grandi capitali europee. (M. Gallina, Ri-Organizzare Teatro)

Se ci pensiamo, è quello che avviene tutt’ora.

Oggi, ancora più che a fine Ottocento, nell’organizzazione di un festival viene privilegiato l’aspetto del luogo: è fondamentale che il festival “abiti” la città che lo ospita, che le due entità diventino una, e in certi casi il fiorire dell’una dipende dall’altro. Un esempio per tutti è la città di Avignone, famosa e conosciuta nel mondo proprio grazie al suo Festival, istituito nel 1947 da Jean Vilar.

Un altro aspetto importante che riguarda la nascita e la diffusione dei festival oggi è relativo alla produzione di spettacoli: spesso i festival vengono usati dalle compagnie – anche le più giovani – per “lanciare” un nuovo prodotto, o per testarlo prima di distribuirlo nel circuito “ufficiale” delle stagioni teatrali. Quest’ ultima caratteristica permette ai festival di non essere soltanto un’asettica vetrina, ma un luogo di scambio, di confronto, tra realtà spesso diverse tra loro. (M. Gallina, Ri-Organizzare Teatro)

Il motivo principale per cui credo sia necessario e importante valorizzare i festival è perché essi permettono a operatori e spettatori di vivere il teatro in modo più completo e totale di quanto non permetta una qualsiasi stagione teatrale. La compresenza spaziale, la durata prolungata, la convivenza di attori, tecnici e pubblico permette di comprendere meglio tutto ciò che il teatro comporta, e non solo dal punto di vista degli spettacoli e della resa finale che viene normalmente presentata al pubblico all’interno di un teatro.

Il MIBACT descrive i festival di teatro come “una pluralità di spettacoli, nell’ambito di un coerente progetto culturale, effettuato in un arco di tempo limitato e in un medesimo luogo”.

Nonostante la natura asfittica che appartiene a ogni definizione, credo che questa renda bene l’idea di una convivenza insita nel teatro, che tuttavia è nei festival che si palesa al meglio.